La sorpresa
- Filosofia di Bene
- 31 ott 2020
- Tempo di lettura: 3 min
“La gioia più grande è quella che non era attesa”. (Sofocle)
Proprio perché l’Esistenza si svolge all’interno dei possibili, ecco che – ogni tanto – nonostante il pensiero della necessità cerchi di regolare ciò che accade attraverso previsioni delle conseguenze delle scelte –, qualcosa avviene di inaspettato. Stupendoci, sconquassando i nostri piani e cogliendoci impreparati.
Le sorprese sono belle e sono brutte, è risaputo. Ma esse sono sempre portatrici di un mistero e di un dato di fatto: non possiamo prevedere né controllare tutto. Ci testimoniano che la logica consequenziale, fondata sul principio di causalità, non regge sempre. Perché si verificano delle incognite che rendono – fortunatamente – i nostri giorni imprevedibili e affascinanti, soprattutto quando si tratta di “sorprese buone”.
“Ogni giorno guarda il mondo come fosse la prima volta”,
recita Eric Emmanuel Schmitt nel suo libro Oscar e la dama in rosa. Il giorno, nel suo sorgere ciclico è, eppure, sempre diverso. E così la vita. Questo ci fa pensare che la sorpresa possa essere un atteggiamento da acquisire, cui allenarsi e da coltivare. Perché così possiamo dirigere la nostra attenzione – inevitabilmente selettiva – alla ricerca di ciò che è capace di destare la nostra meraviglia. Proprio quella meraviglia da cui, secondo molti commentatori, sarebbe nata la filosofia per Aristotele:
“Gli uomini hanno iniziato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia”.
Ma la meraviglia è θαῦμα (thauma), che è “stupore”, ma anche “terrore”, “paura terrificante”, “trauma” … Perché anche questi ultimi si frappongono al quieto scorrere della vita e comportano delle domande. Insomma, pensiamo perché l’esistenza è costella di “eventi-sorpresa”. Emanuele Severino esprime molto bene questa sorta di fraintendimento del termine:
“Aristotele dice che la filosofia nasce dal «thauma». Comunemente si traduce questa antica parola greca con «meraviglia». E si va completamente fuori strada perché «thauma», nel suo significato originario, significa «terrore», «angosciante stupore». Per che cosa? Per questa nostra esistenza, per la vita in cui ci troviamo e la cui durezza raggiunge tutti e tutti fa soffrire e tutti angoscia. Poi, sì, ci potrà essere anche quella forma di «Thauma» che è il fenomeno derivato per il quale il filosofo, magari protetto da una fittizia tranquillità, «si meraviglia» di ciò che per l’uomo comune è qualcosa di ovvio”.
Un modo per non esserne in balìa, soprattutto se si tratta di sorprese riconducibili alla seconda accezione del termine, è quello legato all’esercizio dell’atteggiamento della sorpresa. Esso può divenire habitus della meraviglia, quindi una predisposizione costante dell’individuo.

Un po’ come possiamo anche interpretare il concetto di Essere-per-la-nascita che Hanna Arendt oppone all’Essere-per-la-morte di Heidegger. Se l’Esserci è caratterizzato dalla Finitezza che, dunque, accomuna tutti gli esseri viventi, la Singolarità di ognuno sta nella capacità di nascere, di aprirsi ogni giorno alla vita e alle sue incognite, scrivendo la propria storia personale al di là dell’epilogo cui tutti siamo votati. In Vita Activa la pensatrice tedesca difatti sostiene:
“Con l’azione ci inseriamo nel mondo umano e questo inserimento è come una seconda nascita, in cui confermiamo e ci sobbarchiamo la nuda realtà della nostra apparenza fisica originaria. Il suo impulso, l’impulso dell’azione, scaturisce dal quel cominciamento che corrisponde alla nostra nascita e a cui reagiamo iniziando qualcosa di nuovo di nostra iniziativa […]. Il corso della vita umana, diretto verso la morte, condurrebbe inevitabilmente ogni essere umano verso la rovina e la distruzione se non fosse per la facoltà di interromperlo e di iniziare qualcosa di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione e che ci ricorda, in permanenza, che gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per cominciare”.
Siamo nati per cominciare… E ogni giorno ne abbiamo l’occasione, possiamo farci sorprendere e trovare il modo per ricominciare anche in seguito ad un evento doloroso.
Carissimo, grazie per aver ampliato la riflessione. Effettivamente lo sguardo dei bambini è concrezione e manifestazione della meraviglia, assieme a tutti quei “perché” che li caratterizza durante una determinata fase del loro processo evolutivo... È triste che si perda questo stupore e che, soprattutto, debba essere soffocato per uniformarsi spesso. Io credo che i bambini siano filosofi e che il filosofo sia bambino, mai pago delle risposte e sempre alla ricerca di se’ e delle proprie risposte. Ovviamente, come avrai intuito, il riferimento alla Arendt è stato suggerito dalle riflessioni che abbiamo condiviso. Per questo ti dedico questo post con stima gratitudine. Très cher, merci d'élargir la réflexion. En effet, le regard des enfants est une concrétion et une manifestation d'émerveillement, avec tous ces…
Etre et devenir philosophe c'est, comme Aristote le proposait, savoir s'étonner et toujours recommencer à s'étonner. Pourquoi? Parce que cette posture nous offre de regarder le monde pour le questionner comme si nous le découvrions pour la première fois. C'est ainsi que les enfants s'interrogent quand leur intelligence s'éveille. Les enfants sont philosophes!
Nous, devenus adultes, nous l'oublions. Car nous ne savons plus regarder le monde et les autres avec étonnement. Nous croyons savoir comme si exister allait de soi. Exister ne va pas de soi! L'être humain ne sait pas en effet ce qu'il fera de sa vie, une vie où l'inattendu et le mystère surgira un jour et souvent de manière imprévisible.
Nous devons donc apprendre à découvrir…